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SENZA TERRA NEL BRASILE E A QUEIMADAS - Dal pensiero di Papa Francesco all'azione di Don Carlo Gabbanelli
martedì 31 marzo 2015
Quello dei Senza Terra
è un movimento progressista, appoggiato da settori della chiesa più
aperta, legati alla teologia della liberazione.
1-La fame di terra
La
lotta per la terra è antica. E’ una storia di contrasti, di rivolte,
di progetti alternativi. Tra il 1610 e il 1738 i gesuiti organizzano
insieme agli indios, nel sud del Brasile , e in parte del Paraguay le
“Reduciones”specie di Repubbliche comunitaria dei guaranì. Sconfitti e
disciolti, la lotta rinasce nei Quilombos, non solo nascondigli di
schiavi fuggitivi, ma spazi liberi dalla proprietà privata. Distrutti i
Quilombos il sogno comunitario riprende vigore nella esperienza di
Canudos. Anche qui il governo interviene per porre fine alla comunità
rurale. Quattro spedizioni , usando per la prima volta il cannone contro
un movimento della società. Il 5 ottobre 1897 Canudos cade ma senza
arrendersi. Cade quando gli ultimi suoi difensori: un vecchio, due
adulti e un bambino, rimasti soli contro 5 mila soldati.
Passano
pochi anni e a Santa Caterina, tra il 1912 e il 1916, sotto la guida di
un monaco di nome Joao Maria riprende la lotta per l’accesso alla
terra: questa volta l’esercito utilizza la nascente aviazione. Nel 1924
la rivolta è guidata da un capitano dell’esercito Louis Carlos
Prestes.
Nel 1964, appoggiate dagli Stati Uniti, le
forze armate attuano un colpo di stato, stroncando sul nascere
qualunque programma di riforma agraria. I principali dirigenti dei
movimenti contadini vengono arrestati, molti costretti all’esilio,
centinaia vengono arrestati.
La fame di terra è tale che,
nonostante la dittatura, le occupazioni delle terre iniziano con le
necessarie precauzioni. Per motivi di sicurezza i dettagli
dell’operazione sono noti solo a pochi. Le famigli coinvolte non
conoscono il giorno esatto, né l’esatta destinazione. Viene detto a
tutti di preparare una valigia e di tenersi pronti a partire. In una
fredda notte d’inverno , 110 famiglie in un convoglio di 43 carri
bestiame guidati da padre Armildo partono in direzione di Macali. E’ il 7
settembre 1979, festa dell’ Indipendenza; la polizia è impegnata
nelle cerimonie e nei cortei. Così le famiglie arrivano indisturbate a
destinazione verso le due di mattina e piantano subito una piccola
croce nel terreno, ritenendo che il crocifisso rappresenti al meglio la
sofferenza dei lavoratori rurali. Montano le loro baracche coperte di
teloni di plastica nera, dividono il cibo portato e prendono parte alla
messa celebrata da padre Armildo.
La polizia arriva lo stesso
giorno ma senza adottare provvedimenti contro le famiglie. Sessantotto
giorni più tardi, giunge a Macali un gruppo di militari ben armato con
l’ordine di sgombero. Trovano però una barriera inattesa: quella creata
da donne e bambini decisi a opporre alle armi i propri corpi indifesi.
Le
famiglie restano accampate quasi un anno, lavorando collettivamente la
terra per la prima volta nella vita, in mezzo agli innumerevoli
intralci posti dal governo, finché all’inizio di settembre 1980 il
governatore concede alle famiglie di restare.
Il 25 settembre di
quell’anno 170 famiglie occupano la vicina Fazenda Brilhante, mentre il
6 dicembre un uomo chiamato Natalio, insieme alla sua famiglia monta
una baracca presso un incrocio stradale denominato Encrizilhada
Natalino. Molte famiglie si uniscono a quella di Natalio fino ad
arrivare, nell’aprile del 1981, a quota 469.
Se la vittoria
riportata a Macali aveva riempito di speranza le famiglie quelle
accampate a Encruzilhada Natalino avrebbero dovuto sostenere una lunga,
sfiancante ed eroica lotta, resistendo per tre anni al sole, al vento,
alla pioggia, alla fame, alle intimidazioni, sotto i teloni di
plastica nera che ancora oggi costituiscono la caratteristica degli
accampamenti dei Sem Terra. E in questo accampamento che sarebbe
diventato simbolo della lotta contro la dittatura militare viene a
portare la solidarietà dom Pedro Casaldàliga. Era già un vescovo
famoso. I dirigenti lo avevano già conosciuto quando sotto la
dittatura, distribuirono clandestinamente tra gli studenti una sua
poesia in omaggio del Che. Una delle voci profetiche della chiesa
universale: un pastore, un lottatore, un poeta. Le sue parole furono di
grande conforto: “ Fratelli, in nome di Gesù di Nazaret,
in nome del Dio liberatore, io, vescovo, vi assicuro, vi prometto che,
se resterete uniti, conquisterete la terra che sognate e che è di
tutti e di tutte”. Era quello che mancava dopo due anni di
accampamento. La lotta dura e difficile continua ancora, ma nel
settembre del 1983, dopo mille giorni di accampamento, le famiglie
conquistano la terra. Avevano sfidato il regime militare e avevano
vinto. Era arrivato il momento, c’erano tutte le condizioni per la
nascita ufficiale del Movimento dei Lavoratori rurali senza terra.
Nasce il MST
A
Cascavel, nel Paranà, dal 21 al 24 gennaio 1984, circa 80 lavoratori
senza terra, provenienti da 13 stati, vescovi, preti e suore, dopo tre
giorni di intenso dibattito fondano il Mst e ne definiscono i principi.
Il
nuovo movimento sarà guidato dagli stessi lavoratori senza terra e si
manterrà indipendente dalla chiesa, dai sindacati e dai partiti
politici. Sarà aperto a tutta la famiglia, sostenendo l’uguaglianza dei
diritti per uomini e donne, vecchi e giovani. Saràun movimento di
massa, dal carattere al tempo stesso sindacale ( orientato cioè, in un
primo momento, a soddisfare essenzialmente rivendicazioni di tipo
economico), popolare ( aperto cioè a tutto ciò che è presente nella
società) e politico ( deciso a sposare gli interessi particolari con
gli interessi di classe). Vengono definiti tre grandi obiettivi:
garantire la sopravvivenza dele famiglie con la occupazione delle
terre; la riforma agraria e il superamento del modello capitalista per
l’avvento di una società giusta e fraterna, senza più sfruttati e
sfruttatori. Viene definita lo slogan del movimento: “La terra a chi
la lavora”. Parola d’ordine che per molti anni è stata gridata in
Italia a testimonianza della universalità delle battaglie del mondo
contadino.
Il periodo è di grande fermento. Un anno dopo,
al Primo Congresso che si svolge a Curitiba i delegati sono diventati
1.600 in rappresentanza di 23 stati. Ci sono le vedove dei lavoratori e
dei militanti uccisi nei tre anni precedenti ( sono 277 gli uccisi nei
tre anni precedenti). Il Congresso imprime vigore alle lotte, nasce
una grande ondata di occupazioni. Negli stati del sud, dove l’Mst è più
forte, sono circa 50 mila le famiglie che partecipano a occupazioni di
terre, spesso con l’aiuto di preti e vescovi progressisti. I
latifondisti rispondono creando la loro organizzazione, l’Unione
Democratica Ruralista. La lotta diventa serrata. Il 29 ottobre 1985,
duemila cinquecento famiglie occupano i 9mila cinquecento ettari della
fazenda Annoni. E’ una occupazione programmata con grande cura. La
partenza avviene durante una fredda notte di luna piena. Circa 100
carri bestiame, 30 pullman, 15 moto, e decine di macchine partono
simultaneamente da diversi luoghi in direzione della fazenda. Di
continuo i carri devono fermarsi per far salire altre famiglie in
attesa sul ciglio della strada. Arrivati finalmente a destinazione, le
famiglie iniziano ad organizzare l’accampamento, montando le baracche,
prendendo acqua dal fiume, accendendo il fuoco per cucinare. La polizia
arriva già il primo giorno armata di tutto punto. E’ l’inizio di un
assedio che durerà un anno. Alle famiglie è proibito coltivare la terra
in attesa della decisione dell’organo giudiziario sulla espropriazione
dell’area. Ma il tempo passa e nessuna decisione viene adottata.
Serviranno scioperi della fame, marce, momenti di forte tensione con la
polizia. Alla fine, dopo nove anni di lotte passati soto i tendoni di
plastica nera, la terra viene conquistata.
Il movimento si espande.
Dalle
conquiste emergono necessità nuove, cresce il numero delle persone
coinvolte. Si realizzano incontri, si definiscono i settori primari, si
scelgono i rappresentanti e si crea una segreteria.
Cambia il regime ma chi lotta viene ucciso come prima
Negli
ultimi cinque anni 585 persone sono state uccise in conflitti per la
terra a fronte delle 884 assassinatew nei ventun anni del regime
militare. Tra loro anche il sindacalista Chico Mendes, leader dei
seringueros dell’Acre, assassinato nel dicembre del 1988.
Alla
fine del 1989 il Movimento aveva realizzato 730 insediamenti per un
totale di 3,6 milioni di ettari e di oltre 80.000 famiglie interessate.
Nella
regione del Pontal viene applicata una nuova tattica. Qui i senza
terra non oppongono resistenza allo sgombero, ma ogni volta tornano ad
occupare l’area. E questo per ben 23 volte. Il 28 febbraio 1993 sono
addirittura 1.700 le famiglie che promuovono la occupazione della
fazenda Sao Bento: tutte vanno a lavorare la terra ma restando accampate
all’esterno, accanto a una linea ferroviaria abbandonata. E così ogni
volta che il proprietario manda i suoi pistoleros a sgomberare le
famiglie, quelli li trovano a vivere in maniera perfettamente legale
fuori dai confini della fazenda. Finalmente, nel febbraio 1994, il
governo espropria la terra e la assegna alle famiglie.
Come funzionano le occupazioni
Le
occupazioni sono realizzate in genere, da grandi gruppi di contadini, i
quali arrivano all’alba, da comuni diversi e a volte distanti,
nell’area prescelta: Al grido di “ riforma agraria, questa è la nostra
lotta” i lavoratori tagliano la recinzione del latifondo, entrano
festeggiando, scelgono il luogo in cui accamparsi e cominciano a montare
le baracche ricoperte di plastica nera, conservando la tenaglia che
tagliato la recinzione come un oggetto di valore simbolico. infine
realizzano la prima assemblea con canti, danze e slogan per
coinvolgerele famiglie e tenerne alto il morale.
Le persone
eleggono i membri del comitato dell’ accampamento, quelli con le
necessarie qualità di leader,rispettati da tutti, capaci di prendere
decisioni anche in condizioni difficili. Vengono create le diverse
commissioni con il compito di costruire altre baracche, stabilire cucine
comunitarie, organizzare classi di alfabetizzazione di adulti e
bambini, creare gruppi per la raccolta di rifiuti e per la
programmazione dei giochi. Uomini e donne condividono le responsabilità
in materia di salute e di educazione,i lavori di pulizia, il
coordinamento delle riunioni. La donna deve partecipare a pieno titolo
alle decisioni politiche, E l’uomo è chiamato a resistere alla
tentazione di assumere responsabilità maggiori di quelle della donna.
Tutti hanno un compito da svolgere. Tutti partecipano al processo
decisionale. E tutti devono rispettare le regole di base
dell’accampamento: svegliarsi presto per partecipare alle assemblee, far
parte cdelle commissioni, prepararsi per la resistenza di massa. E
rispettare i divieti: non bere, non fare uso di droghe, non usare
violenza contro donne e bambini. Ma per quanto la disciplina sia dura e
tutto avvenga sotto la costante minaccia di uno sgombero violento dalla
parte della polizia o dei pistoleros e sotto gli attacchi di chi li
dipinge come vagabondi, agitatori di professione, addirittura
guerriglieri ben addestrati, i partecipanti all’accampamento provano un
senso di benessere e autorealizzazione.
Negli accampamenti la
vita delle persone cambia sul serio. Avviene una trasformazione
profonda. Tutti quelli che nel corso della vita sono stati comandati
dai padroni, repressi dalla polizia, condannati dalla giustizia,
abbandonati davanti agli ospedali, ora sono lì a stabilire le proprie
leggi, a fissare gli orari, a limitare l’uso delle bevande alcoliche, a
organizzare il pronto soccorso, a occuparsi dei malati, a garantire
l’ordine senza rompere l’armonia interna dell’accampamento.
Una
volta conquistato il titolo di proprietà della terra, l’accampamento si
trasforma in insediamento, inteso come un insieme di famiglie che
vivono e lavorano in un’area destinata ai contadini senza terra e da
loro utilizzata per l’agricoltura e l’allevamento del bestiame. Qui gli
insediati possono tornare a una vita normale, uscendo dalle condizioni
estreme vissute nell’accampamento.
Ma la strada si presenta
decisamente in salita. Il patrimonio tecnico di una famigli era
costituita da un bue e da una zappa. La forma di collaborazione ta
famiglie è quella del mutirao, il lavoro comune per pulire il terreno,
costruire case, provvedere al raccolto.
La prima battaglia degli
insediati è quella pere ottenere una linea di credito sussidiata, con
lunghi tempi di restituzione, per le infrastrutture, i mezzi di
produzione, il miglioramento delle condizioni abitative delle famiglie.
E
se la maggior parte sceglie il modello di produzione famigliare sui
terreni individuali. Cresce nel corso del tempo il numero di coloro che
passano a sperimentare forme più organizzate di cooperazione,
associandosi per comperare macchinari, per utilizzare collettivamente i
mezzi di produzione, puntando a creare piccole agroindustrie per
eliminare gli intermediari. Lentamente si forma una nuova mentalità.
L’Mst punta a sviluppare un nuovo tipo di agricoltura che combini i
migliori elementi della produzione contadina, a cominciare dalla
salvaguardia dell’equilibrio ecologico con le innovazioni tecnologiche
più avanzate.
Oggi sono più di 100 le cooperative di produzione
esistenti negli insediamenti dell’Mst, il quale è presente in 24 dei 27
stai brasiliani, ha ottenuto 7,5 milioni di ettari di terreno e
insediato 350 mila famiglie ( a cui si aggiungono 60 mila famiglie
accampate, oltre a 1.900 associazioni e 90 agroindustrie e a diverse
cooperative di commercializzazione.
Il ruolo della Chiesa.
Preoccupata
degli alti livelli della violenza, la chiesa cattolica crea, nel 1975
la Commissione pastorale della terra ( Cpt) per aiutare le famiglie
espulse dalle loro terre e per combattere la pratica della schiavitù,
assai diffusa nei latifondi. Tra il 1996 e l’inizio del 1999 la Cpt
indivuda 1784 vittime del lavoro schiavo nella regione del Parà. Non
sorprende come il Parà sia diventato in quei anni il teatro della più
violenta lotta. Dal 1988 al 1998 sono almeno 488 le persone uccisa dai
pistoleros. E solo due di questi vengono condannati, a cinquant’anni di
prigione, per poi fuggire dopo tre mesi. Il sistema giudiziario dello
stato è completamente asservito ai grandi proprietari di terra. C’è una
guerra: quella dei latifondisti contro l’Msta. Una guerra che fa
vittime da una parte sola.
La strage di Eldorado
Il
marzo del 1989 alcuni senza terra iniziano l’occupazione della
fazenda Macaxeira e per chiedere l’apertura di un negoziato circa 1500
famiglie decidono di bloccare la strada principale. Dopo diverse ore la
polizia arriva dalle due direzioni della strada.In mezzo ai gas
lacrimogeni e colpi sparati in aria i senza terra rispondono lanciando
pietre. Poi è l’inferno. I militari sparano a chi giace a terra
ferito. Sparano a chi tenta di fuggire. Sparano ai bambini. Molti
vengono assassinati con gli stessi strumenti strappati ai
lavoratori-coltelli, falci, pezzi di legno, zappe, strumenti di lavoro-
per accreditare l’idea sono i senza terra ad accoltellarsi tra loro..
Al termine dell’operazione i morti sono 19 e i feriti sono scomparsi.
E’ la conferma di quanto riferito dai testimoni oculari: che cioè la
polizia aveva ucciso a sangue freddo tutti i feriti che non erano
riusciti a mettersi in salvo.
Una forte ondata di solidarietà
interna e internazionale raggiunge il movimento. Il fotografo di fama
mondiale Sebastiao Salgado dedica e regala all’Mst la mostra “Terra”.
Salgado 1986
“
E’ impressionante la colonna dei senza terra formata da più di
dodicimila persone, cioè da tremila famiglie, in marcia nella notte
fredds di quell’inizio di inverno in Paranà. L’esercito di contadini
avanza in un silenzio quasi completo. Si sente appena l’ansimare di
respiri abituati ai grandi sforzi e il rumore sordo dei piedi che
ticcano l’asfalto. Procede rapèido un contadino: ventidua chilometri
vengono coperti in meno di cinque ore. Quando arrivano il giorno
comincia a nascere. Poi il fiume di contadini che era sfilato sul nastro
d’asfalto nella notte, giunto di fronte al cancello della fazenda, si
ferma e si espande come le acque di una diga. I bambini e le donne
vengono spinti verso il fondo, mentrte gli uomini prendono posizione per
un eventuale scontro con i jagunços ( la polizia privata ) della
fazenda.Di fronte alla inesistente reazione del piccolo esercito del
latifondo, gli uomini in prima linea spezzano il lucchetto e scardinano
il cancello. Entrano. Dietro, il fiume dei contadini si pone nuovamente
in movimento. Falci, zappe e bandiere si innalzano nella valanga
incontenibile delle speranze di questo nuovo incontro con la vita. E il
grido represso del popolo senza terra risuona all’unisono nella
chiarezza del nuovo giorno: 2 Riforma agraria, una lotta per tutti”
Una mistica speciale
Nel
luogo dove avvenne il massacro dell’Eldorado, alla celebrazione del
25° anniversario della nascita dell’Mst, diciannove persone sporche di
terra si sollevano dal suolo avvicinandosi ognuna ad un albero ( i
diciannove alberi che costituiscono il monumento ai morti di Eldorado):
sono le vittime della strage. A ognuno di loro viene portato un fiore
che cancella ogni traccia di dolore dal volto. Le vittime, ormai
pacificate, possono allora assistere i vivi nel loro compitodi piantare
arboscelli. E così la vita rinasce. E’ questa una delle centinaia di
“mistiche” realizzate ogni giorno dall’Mst negli accampamenti, negli
insediamenti, nelle scuole, negli incontri di ogni livello.
Quello
della mistica è un concetto fondamentale nella vita del movimento ,
senza il quale non si comprenderebbe la sua natura. Secondo Frei Betto
l’Mst, secolarizzando il termine teologico che esprime l’esperienza di
Dio o del Trascendente, non ne svuota il significato fondamentale e
neppure il carattere teologico: l’animazione è ciò che risveglia alla
militanza e all’entusiasmo. Conquistare la terra è conquistare vita. E
la vita è il dono maggiore di Dio. Pur essendo un movimento laico e
sovra confessionale con il termine mistica l’Mst riesce a stabilire un
rapporto stretto tra l’essere umano e la natura superando i limiti
della sinistra tradizionale che circoscrive il suo obbiettivo principale
alla conquista del potere, iniziando solo dopo la costruzione
dell’uomo e della donna nuovi e della nuova società. L’Mst già si
impegna a minare il vecchio ordine con la conquista di nuovi spazi
alternativi: la riforma agraria, il cambiamento del modello economico,
il socialismo non rimangono propositi utopistici, ma sono pratiche che, a
livello embrionale, già si realizzano nelle occupazioni, negli
accampamenti e negli insediamenti, nelle scuole rurali e nella struttura
del movimento.
Un movimento saldamente ancorato alla dura realtà
ma che si prefigge il cambiamento profondo considera importante l’uso
dei simboli: come rappresentare la dedizione, il lavoro, le angosce,
ma anche il sogno e la gioia che la lotta offre? La bandiera di colore
rosso, che lega il movimento alla identità e alla tradizione di lotta
della classe lavoratrice, con l’immagine di una coppia, un uomo e una
donna con un coltello levato in aria.
